I carabinieri reali nella grande guerra
IL REGGIMENTO CARABINIERI REALI NELLA GRANDE GUERRA
di Francesca Parisi
Per una storia del Reggimento Carabinieri Reali
Ad un primo sguardo, affrontare la tematica relativa al Reggimento Carabinieri Reali appare cosa semplice. La brevità della vita del reparto e della sua presenza in trincea, durante la quale effettuò alcune sortite nelle linee nemiche, lavori di consolidamento e un assalto il 19 luglio 1915, consente di narrare efficacemente la sua storia attraverso il Diario storico-militare tenuto del reparto, sul quale venivano annotate giornalmente tutte le attività e, quindi, anche i particolari dell’unica azione offensiva della quale fu protagonista.
Procedura del tutto corretta, che da subito è sembrata però insufficiente ad esaurire ogni esigenza di conoscenza. Su queste basi dunque apparirà più chiaro il motivo perché, ancora negli anni Trenta, in occasione della redazione di una monografia dedicata all’azione del Reggimento, scritta dal tenente colonnello Ettore Borghi, si rimase fedeli alla narrazione per così dire ufficiale.
Una diversa trattazione, infatti, avrebbe, in quel preciso momento storico, riaperto l’iniziale frattura che si venne a creare tra l’Arma e il suo reparto combattente, ferita che si era in qualche modo rimarginata, tanto che la giornata del 19 luglio era divenuta finalmente occasione di commemorazione collettiva. Una rievocazione che, non molto tempo prima, era rimasta affidata alla buona volontà di qualche Ufficiale reduce dell’azione, che si ostinava nel ricordare, nonostante l’indifferenza dei primi anni, quella straordinaria esperienza, la cui eccezionalità non stava tanto nelle modalità o nell’esito dell’assalto, anzi non ebbe alcuno dei risultati sperati se non qualche metro di terra utile ai successivi assalti, ma nella condivisione di un elemento totalmente nuovo per l’Arma dei Carabinieri: la trincea.
Nessuna meraviglia se, nell’immediatezza dei fatti bellici, il risultato ottenuto, o meglio non ottenuto dal Reggimento durante l’assalto, era stato motivo, per così dire, di imbarazzo, e ciò per la comprensibile inesperienza dell’Arma alla partecipazione ad una vera e propria azione di combattimento e all’ingenuità, tra l’altro generalizzata, che caratterizzò il periodo di iniziale incredulità e di impreparazione propria dell’intero Regio Esercito, trattandosi di una guerra ben lontana dalle modalità e dagli stereotipi ereditati dalle campagne risorgimentali.
Nondimeno l’Arma aspirava a lasciare traccia del proprio contributo nel primo conflitto mondiale e quindi alla vittoria: un atto di particolare valore, portato a termine dal proprio reparto combattente, il Reggimento, con le stesse modalità e immediatezza del suo precedente storico, costituito dalla carica degli Squadroni Carabinieri Reali, che si distinsero nella battaglia di Pastrengo il 30 aprile del 1848, nel corso della prima guerra per l’indipendenza d’Italia. Un accostamento, quello tra questi due reparti, particolarmente ricorrente nella corrispondenza tra il Comando Generale e i Comandanti dei reparti Carabinieri Reali mobilitati durante la guerra, nonché nei discorsi ufficiali, nella parte in cui si augurava di emulare le eroiche gesta di un passato ormai lontano.
Per l’Arma del tempo era quindi necessaria un’azione decisiva, che si mostrasse come indiscutibile prova del contributo negli eventi bellici nella sua veste di Forza combattente. Sta di fatto che il Reggimento, o meglio i due Battaglioni in trincea, seppure con le difficoltà che più avanti non mancherò di evidenziare, diedero sul campo il meglio che potevano offrire: essi sostennero la dura vita della trincea, pur non avendo alcuna preparazione in merito, né le condizioni fisiche e l’età per sopportare i disagi della guerra. Senza alcuna ritrosia, effettuarono l’assalto del 19 luglio, così come fecero tanti prima e dopo di loro, con il contegno dei fanti e con l’entusiasmo che talune missive trovate addosso a coloro che vi lasciarono la vita dimostrano ampiamente.
La narrazione dell’esperienza del Reggimento Carabinieri Reali è quindi piuttosto complessa e non basta il relativo Diario storico-militare: essa deve necessariamente avvalersi di altre fonti documentali, costituite nella fattispecie dalle molteplici relazioni che vennero elaborate (quelle del Comandante Generale interinale dell’Arma, del Comandante del Reggimento Carabinieri Reali e del Comandante del 3° Battaglione, reparto quest’ultimo maggiormente interessato dall’assalto del 19 luglio, del generale Francesco Mazzarelli), nonché dall’intero carteggio riguardante il Reggimento, dalla corrispondenza ufficiosa intercorsa tra il generale Luigi Cauvin e i Comandanti dei reparti al fronte, e, infine, dai numerosi articoli apparsi sulle riviste di settore e scritti da coloro che vissero quell’esperienza.
Un’analisi che, fuori da ogni intento celebrativo, intende raccontare, sulla scorta della copiosa documentazione esistente, rimasta quasi interamente inesplorata, l’opera spiegata dall’Arma combattente nel corso del primo conflitto mondiale. Un contributo che, senza infingimenti, nasce affetto da una iniziale impreparazione tattica e dall’aspirazione a un impiego diverso da quello a cui fu destinato il reparto; una fragilità che, tuttavia, scomparve con il maturare dell’esperienza dei “Carabinieri soldati” acquisita sul campo, con la dura vita della trincea e che, una volta consolidata, venne sacrificata per il potenziamento dell’attività di polizia militare, avvertita già nei primi mesi come indispensabile quanto insufficiente.
Uno sforzo che l’Arma non avrebbe potuto chiedere alle Legioni che, oltre ad alimentare i numerosi reparti mobilitati, dovevano fronteggiare la situazione interna del Regno e portare avanti talune nuove attività strettamente legate alla guerra, come la ricerca di disertori e renitenti, la vigilanza costiera e delle ferrovie, il servizio di tradotta, le azioni per reprimere lo spionaggio e la propaganda anarchica e sovversiva. Questo aspetto, qui solo accennato, rappresenta una delle criticità che il Comando Generale dovette affrontare; si deve al Comandante Luigi Cauvin il sapiente contemperamento delle opposte esigenze dell’Arma territoriale e di quella mobilitata. Invero, un’ulteriore funzione dell’Arma prese forma nel teatro di guerra, sin dai primi mesi, rappresentando una delle attività più rilevanti e meno esplorate dagli storici militari: l’opera dei Carabinieri Reali nelle terre liberate e nella ricostruzione della pace e dell’unità del Regno d’Italia.
CONTINUA A LEGGERE Il Reggimento Carabinieri Reali, estratto da F. PARISI, I Carabinieri Reali nella Grande Guerra. Impiego tattico e reparti combattenti, Magis Vitae, Cavaion Veronese, 2017.
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