opere artistiche e architettura militari
Il quadrilatero e la testa di ponte fortificata di Pastrengo
di Lino Bozzetto
Conclusa la guerra del 1848-49 per l’indipendenza italiana, l’Impero d’Austria avviò imponenti lavori per realizzare, al centro del Lombardo-Veneto, un sistema di fortificazioni esteso nel territorio, incardinato sulle linee fluviali del Mincio, dell’Adige e del Po. Secondo le concezioni strategiche del feldmaresciallo Radetzky prese corpo, con opere d’innovativa concezione, il leggendario sistema fortificato denominato Quadrilatero: esso era costituito dalle piazzeforti di Peschiera e Mantova, e dalle piazzeforti di Legnago e Verona.
Oltre alla posizione di sbarramento della chiusa di Ceraino, presso Rivoli Veronese (1849-52), negli anni 1860-61, in seguito alla perdita della Lombardia, il grandioso sistema venne completato da due teste di ponte permanenti, la prima a Pastrengo, sulla destra dell’Adige, la seconda a Borgoforte, a cavallo del Po.
Dopo i fatti di guerra del 1848 e del 1859, le Autorità militari dell’Impero d’Austria decisero di erigere un moderno sistema di forti, a campo trincerato, per disporre di una testa di ponte sulla riva destra dell’Adige, nella posizione tra Pastrengo e Piovezzano.
Il disegno, già prefigurato da Radetzky nel 1850, era inteso a perfezionare la difesa strategica di Verona, piazzaforte di deposito del Quadrilatero. Alla Genie Direction di Verona spettò l’elaborazione dei progetti per i forti di Pastrengo, nei quali si sviluppò l’esperienza da poco compiuta nei forti veronesi della linea più avanzata, eretti nel 1859-60.
I nuovi forti, edificati in soli cinque mesi, nel 1861, munirono sui punti cardinali le quattro alture moreniche principali, disposte attorno all’antico borgo di Pastrengo: a nord il forte Degenfeld (forte Piovezzano, secondo la toponomastica ottocentesca italiana dell’Istituto Geografico Militare); ad est il forte Nugent (forte Poggio Pol); a sud il forte Erzherzog Leopold (forte Poggio Croce); ad ovest il forte Benedek (forte Monte Bolega). Il dispositivo venne completato dalla strada militare di collegamento con il ponte da guerra sull’Adige (1861) e dalla stazione di telegrafia ottica per le comunicazioni con il Quadrilatero (1865).
La costruzione dei quattro forti fu una straordinaria impresa fortificatoria, per la celerità dell’esecuzione e per l’immane moltitudine di uomini, che furono simultaneamente all’opera nei distinti cantieri, dal mese di giugno all’inizio di ottobre.
Un importante capitolo di storia dell’architettura militare è documentato dalle opere di Pastrengo, ancora quasi integralmente conservate.
I quattro forti absburgici offrono l’occasione per ricordare la figura del progettista, il barone Daniel Salis-Soglio (1826-1919), allora Maggiore dell’Ingenieur Corps absburgico.
Nell’Ottocento fu uno dei più eminenti architetti militari d’Europa.
Negli anni dal 1840 al 1846, Salis-Soglio aveva compiuto la sua formazione all’Ingenieur Akademie di Vienna. Con i forti di prima linea del campo trincerato di Verona si impose il suo esordio, nel 1860.
L’anno successivo raggiunse l’eccellenza nell’arte fortificatoria con i quattro forti collinari di Pastrengo. Egli aveva osservato e studiato la maestria del taglio della pietra nelle opere cinquecentesche del Sanmicheli e nelle fortificazioni absburgiche ideate a Verona da Franz von Scholl, dal 1832 al 1838, con i meravigliosi paramenti di pietra di Avesa ad opus poligonale. Preponderanti ragioni di economia indussero Salis ad utilizzare per i forti di Pastrengo le pietre delle vicine cave atesine di Affi, Incaffi e Domegliara.
La fama delle moderne fortificazioni di Pastrengo travalicò i confini dell’Impero.
Anche gli architetti militari del Regno d’Italia, dopo il 1866, riconobbero in esse un capolavoro; dopo aver visitato i quattro forti collinari scrissero che non si sarebbero potuti costruire in maniera più solida e più bella.
Nelle opere di Pastrengo osserviamo un punto culminante nell’arte classica delle fortificazioni. Secondo la tradizione del Rinascimento italiano nei forti di Salis-Soglio sono ancora in armonia tecnica e arte.
Nelle sue memorie, Salis stesso commenta la bellezza dei forti di Pastrengo:
Le pietre squadrate, bianche smaglianti, in mezzo alle quali risaltavano i conci di marmo rosa, conferivano alle opere un aspetto maestoso. A questo si aggiungeva l’effetto delle stupende volte di mattoni rossi di Mantova, fra i quali risaltavano bianche pietre da taglio, inserite dove era necessario.
Il tutto presentava un insieme di rara bellezza tecnica e costruttiva.
I forti di Pastrengo, dal punto di vista tipologico, appartengono al sistema poligonale della Scuola neotedesca, nel quale si fondono le innovative elaborazioni teoriche formulate dai fortificatori austro-prussiani nel primo Ottocento.
I quattro forti di Pastrengo sono dedotti dal medesimo modello architettonico: la diversità della loro forma, regolare e simmetrica, o irregolare, nonché della loro dimensione, dipende dall’adattamento della singola opera fortificata al sito collinare morenico, secondo una sapiente sintesi tra geometria e natura. Pur nella diversità della loro forma architettonica, le medesime caratteristiche di ordinamento interno e di organizzazione funzionale possono essere riconosciute in ogni singola opera.
La struttura di ogni forte è costituita dalla serie modulare dei ricoveri in casamatta (a prova di bomba), destinati al presidio stabile dell’opera: i ricoveri, a volta laterizia ribassata, sono disposti sotto il piano del ramparo, ossia sotto il piano terrapienato, destinato alle postazioni d’artiglieria. I ricoveri casamattati sono attestati, a due a due, su ogni lato dell’impianto poligonale e sul poligono simile del cortile interno, sul quale si aprono le grandi porte d’ingresso e le finestre a bifora.
Nei settori intermedi di raccordo angolare sono inserite le polveriere e il magazzino della provianda. Sul fronte di gola, ossia il lato meno esposto all’offesa nemica, è inserito il portale d’ingresso, munito di ponte levatoio. Al centro del fronte di gola sporge la caponiera, ossia la casamatta con feritoie per fucilieri. Un recinto difensivo, anch’esso munito di feritoie per fucilieri, delimita l’ambito di sicurezza dell’ingresso rispetto al grande cortile interno.
La copertura terrapienata dei ricoveri alla prova è ordinata a ramparo, su pianta poligonale, con le postazioni d’artiglieria a cielo aperto (in barbetta) e l’antistante parapetto di terra.
Nel settore rivolto alla direttrice principale di combattimento è inserita una postazione d’artiglieria binata, in casamatta (casematte alla Haxo), direttamente collegata al piano terra con una scala interna e con l’annessa apertura per il sollevamento verticale delle bocche da fuoco.
Il collegamento esterno dal cortile al piano del ramparo è dato da uno scalone rettilineo su archi rampanti, con corsie di pietra per il traino degli affusti, addossato lungo il lato meridionale del fronte di gola. Le riserve idriche erano assicurate dal pozzo artesiano; inoltre le acque piovane erano convogliate al centro del cortile, filtrate e versate in una cisterna sotterranea di accumulazione.
Una galleria sotterranea (poterna), costruita sull’asse di simmetria del forte (linea capitale), mette in comunicazione l’opera principale con la galleria casamattata di controscarpa, ossia con le postazioni dei fucilieri (fuochi traditori), per la difesa del fosso asciutto perimetrale.
Il profilo del forte è adattato mimeticamente alla conformazione naturale della sommità collinare, secondo i principi del defilamento, in modo da sottrarre alla vista e al tiro d’artiglieria avversario il fronte principale e i fianchi dell’opera fortificata, protetti dalla massa di terra modellata ad arte.
Le irregolari pendici del colle morenico, con scavi e riporti, vengono modificate geometricamente, conformandole all’architettura del forte.
Opere murarie e opere di terra sono perfettamente fuse nell’unità costruttiva dell’opera fortificata, come richiesto dalla moderna architettura militare.
L’azione lontana, di combattimento, di ogni forte era operata dalle artiglierie in barbetta poste sul ramparo e dalle due postazioni superiori in casamatta, per obici, replicate nelle sottostanti casematte al piano terra. Ulteriori quattro postazioni d’artiglieria in casamatta erano disposte simmetricamente nei ricoveri adiacenti al fronte di gola, nei settori opposti, in modo da battere anche lo spazio interno del campo trincerato, in caso di forzamento del perimetro di resistenza dei quattro forti.
L’azione difensiva ravvicinata, con armi portatili, era esercitata dall’ordinamento continuo delle feritoie per fucilieri disposte nella galleria di controscarpa e lungo l’intero perimetro dell’opera, sul poligono del fronte principale e sul fronte di gola. Ogni ricovero in casamatta, sulla parete di testata verso il fosso perimetrale, era munito di feritoie per fucilieri.
I forti asburgici di Pastrengo sono da osservare come esemplari particolarmente perfezionati di forte poligonale, per la razionale configurazione geometrica che asseconda al meglio le complesse esigenze logistiche e di combattimento, pur con le difficoltà aggiuntive del ristretto spazio d’impianto, in sito collinare.
Risalta inoltre, in ogni dettaglio, il magistero del taglio della pietra e la qualità costruttiva generale delle opere, nelle quali si ravvisano veri capolavori dell’architettura militare ottocentesca.
L’importanza della testa di ponte fortificata di Pastrengo (Brückenkopf von Pastrengo), nello scacchiere del Quadrilatero, e il riconoscimento del merito per la ragguardevole impresa edificatoria, si riflettono nelle prestigiose intitolazioni dei quattro forti, ai quali vengono assegnati nomi di alto lignaggio militare.
All’arciduca Leopoldo (Erzherzog Leopold), Luogotenente Feldmaresciallo, Ispettore Generale del Genio (Generalgenieinspektor), massima autorità nell’organizzazione fortificatoria, imperiale e regia, è dedicato il forte maggiore (Poggio Croce), posto a meridione, verso la pianura.
Il forte diametralmente opposto, a settentrione (Piovezzano), è intitolato al Generale di Artiglieria conte August Degenfeld von Schonburg (1798 – 1876), discendente da una nobile famiglia di nazionalità ungherese. Si era distinto tra i Comandanti dell’Armata di Radetzky nelle operazioni del 1848 -1849. Nell’anno 1860 assunse l’alto dicastero di Ministro della Guerra (Kriegsminister) e intraprese importanti riforme nell’organizzazione amministrativa ed operativa dell’Esercito Asburgico.
Al forte rivolto verso occidente (Monte Bolega), è attribuito il nome del Generale di Artiglieria Ludwig von Benedek (1804-1881), nominato nel 1860 Comandante Supremo dell’Armata nelle Venezie.
Il forte posto ad oriente (Poggio Pol), a dominio del passaggio sull’Adige, riceve il nome dell’anziano Feldmaresciallo conte Laval Nugent von Westmeath (1777-1862), già Comandante nell’Armata di Radetzky; Nugent fu il primo promotore delle fortificazioni di Pastrengo.
Memorie della storia patria, di un impero tramontato e di un’arte estinta, l’arte delle fortificazioni, pervadono il paesaggio campestre, collinare e atesino, di Pastrengo.
Estratto da Magro A. – Parisi F., Pastrengo: la casa dei Carabinieri, Comune di Pastrengo, 2014.
Fai un commento